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Virginia copyIl 26 e 27 settembre Marianna de Leyva, la manzoniana Gertrude che "sventurata rispose", ha raccontato la sua storia ai tanti spettatori del suggestivo spettacolo rappresentato al Teatro Binario 7 dalla compagnia teatrale La Sarabanda, in collaborazione con il Comune di Monza e con diverse associazioni e fondazioni del territorio.

Mura opprimenti, pochi rami di gelsomino, una grata.
Questa è la scenografia e, insieme, la potente sintesi della biografia di Suor Virginia: la monacazione forzata, decisa già dalla più tenera età, l'illusione dell'amore per Giampaolo, la disperazione e la reclusione.

La vivacità e la luminosità di Marianna bambina, che vive a Milano, in palazzo Marino, si scontrano subito, anche visivamente, con la rigidità degli atteggiamenti dell'aristocratica famiglia e con la cupezza di un destino segnato.
Sulla scena,  gli abiti eleganti e le lettere d'amore devono lasciare il posto alla veste monacale, sotto la quale la ragazza sparisce, soffocata dai gesti delle consorelle, che la circondano come corvi scuri.

Marianna è immobile e muta come una statua durante la consacrazione, ma i suoi occhi, sbarrati ed atterriti, parlano, anzi gridano.
Tutto sembra compiuto, ma improvvisamente irrompe prepotentemente nella vita di Suor Virginia e sul palcoscenico il bel Giampaolo Osio, prima con parole insinuanti, poi con la sua fisicità prorompente.

Giampaolo salta agilmente dal muro del suo palazzo confinante con il convento, accarezza e stringe in abbracci appassionati, ma arriva anche a strangolare chi diventa una minaccia, come la conversa Caterina.

Uno spiraglio di luce si apre nella buia esistenza di Marianna con l'arrivo di Lucia e della madre Agnese, che nei "Promessi Sposi" cercano protezione presso la Signora: l'indifesa Lucia suscita la tenerezza della monaca, che nel frattempo è diventata madre. Il sogno d'amore si trasforma presto in un incubo di violenza e di morte, fino alla tragica fine: Giampaolo viene ucciso, tradito dall'amico presso il quale cerca rifugio, Suor Virginia è condannata alla reclusione in una stretta cella di un ritiro per vecchie prostitute a Milano, con l'unica compagnia di un libro sacro.

Dopo tredici anni, durante i quali il Cardinale Federico Borromeo scambia con lei numerose lettere e ne ravvisa il pentimento, viene liberata, ma resta nel ritiro di Santa Valeria, vicino a Sant'Ambrogio fino alla morte, avvenuta nel 1650.

La triste storia viene narrata in prima persona dalla stessa Marianna, ormai anziana e curva sotto il peso degli anni e della colpa, una maschera tragica che si aggira sinistra sul palco, smunta come la tonaca che indossa, ma lucida ed implacabile giudice di sè stessa.
Lo spettacolo, che ha ottenuto numerosi riconoscimenti, è coinvolgente nel suo ritmo serrato, grazie alla forza espressiva degli interpreti: l'attrice che impersona Marianna ( Mara Gualandris) ha collaborato alla scrittura del testo con Loredana Riva, sulla scena madre badessa e balia, che è anche regista e costumista. L'atletico e perverso Giampaolo è interpretato dall'affascinante Pierre Villa.

La storia di Suor Virginia è un'ottima occasione per riscoprire una Monza dimenticata, anche se tre vie ne portano una traccia: via De Leyva, via Osio e Via della Signora.
Se molti concittadini ricordano che il convento di Santa Margherita era adiacente all'attuale chiesetta di San Maurizio, pochi sanno invece che il Ponte delle Catene nel Parco sarebbe il luogo dove Giampaolo tentò di annegare una consorella della sua amata.
Ancora meno nota è la sede dell'ex convento dei frati cappuccini, che nei "Promessi Sposi"accolse le fuggiasche Lucia e Agnese: è diventato una villa in Via Marsala e l'episodio è citato in una lapide inserita nel muro.
Proprio lì è conservata, secondo la tradizione, una delle rare immagini della Monaca di Monza: la potete osservare, al di là di un cancello, come nella fotografia che accompagna questo articolo.
Reclusa per sempre: il triste destino di Marianna-Suor Virginia.

 

 

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