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Questo documento approfondisce i dati raccolti a livello internazionale e nazionale sulla istituzione delle isole ambientali.

Le isole ambientali si definiscono come zone urbane composte da strade secondarie – ovvero interne alla rete “portante” della viabilità cittadina – all’interno delle quali si ha l’obiettivo di recuperare sia la vivibilità degli spazi urbani che la sicurezza. Il concetto di isola ambientale si può declinare in varie misure quali le Zone 30, le Zone scolastiche oppure le Zone a priorità ciclabile. Tra queste varie declinazioni di un singolo concetto molto importante per una città del prossimo futuro, questo documento tratterà le Zone 30, essendo questo il provvedimento che il Comune di Monza ha iniziato a realizzare, nell’ambito del PUMS, nei Quartieri Libertà e Triante. Nel quartiere Libertà verrà istituita quale zona in cui vige il limite di velocità di 30 Km/h l’area delimitata dalle vie Einstein / Ragazzi del ’99, via Parmenide e viale Libertà (questa esclusa). Nel quartiere Triante la Zona 30 sarà invece all’interno del perimetro formato dalle vie Monte Cervino – Via Felice Cavallotti – Via Valcava – Canale Villoresi, che saranno però escluse dall’abbassamento dei limiti di velocità.

Prima di tutto è importante iniziare questa riflessione politica da un dato dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità): 1,19 milioni di morti all’anno a seguito di incidenti stradali; di questi, circa il 50% sono utenti deboli (pedoni, ciclisti...). Questo dato dimostra come sia fondamentale andare a limitare le velocità all’interno delle città per ridurre sia il numero di incidenti ma anche, e soprattutto, di feriti e morti.


Le esperienze a livello internazionale

L’efficacia delle Zone 30 nel diminuire drasticamente gli incidenti ed i morti dovuti ad essi, è ampiamente supportata dalla letteratura scientifica. Infatti, come sottolineato da Yannis et al. (2024), la frequenza di collisioni tra veicoli e pedoni si riduce del 3% per ogni riduzione di 1 km/h. La probabilità di sopravvivere ad un impatto con un veicolo per i pedoni è all’incirca del 20% quando l’autovettura viaggia a 50 km/h, 50% se la velocità dell’auto si attesta intorno ai 40-45 km/h, ed il 90% nel caso in cui il veicolo dovesse viaggiare a 30 km/h (Fridman et al., 2020).  Di media, un pedone colpito da un veicolo a 50 km/h ha otto volte più probabilità di morire dei pedoni colpiti a 30 km/h (Fridman et al., 2020). È altresì importante notare come il mancato rispetto dei limiti di velocità è causa di circa il 20% degli incidenti mortali (Yannis et al., 2024). Uno studio condotto da Jiao et al. (2017), afferma che a New York City, dopo l’introduzione delle NSZ nel 2011, (Neighbourhood Slow Zones, o Zone limitate il cui limite è 20 mph, equivalente a 32 km/h), gli incidenti fatali sono diminuiti dell’8,74%, comportando un risparmio netto di circa 15$ per abitante se vengono considerate le spese mediche associate alla cura dei cittadini investiti dalle automobili. Nel Regno Unito, le Zone 30 (in loco chiamate “20 mph Zones”) sono associate ad una riduzione della mortalità del 42%, mentre ad Edmonton, città canadese di circa un milione di abitanti, la riduzione dei limiti di velocità urbani da 50 km/h a 30 km/h ha comportato una riduzione del 45% degli incidenti fatali (Fridman et al., 2020).

Utilizzando esempi più vicini a noi nel continente europeo, una delle nazioni capofila per quanto riguarda l’introduzione di interventi di moderazione del traffico è sicuramente il Regno dei Paesi Bassi. Dal 1983, infatti, i comuni olandesi possono istituire Zone 30 all’interno di aree densamente popolate. I risultati della misura, pubblicati in un’indagine accurata pubblicata nove anni dopo dal governo olandese stesso, indicano dei chiari segnali di miglioramento del traffico.
Un ulteriore miglioramento dovuto alla riduzione della velocità è la riduzione di inquinamento acustico, che può raggiungere i 5 dB, in base alla conformazione della strada e alla tipologia di mezzi che la percorrono (Buhlmann e Egger, 2017). L’istituzione di vere e proprie “barriere architettoniche” come dossi o la riduzione dell’ampiezza della carreggiata, ha fatto sì che l’85% dei veicoli olandesi rispettassero i limiti di velocità di 30 km/h (Vis et al., 1992).


L’esperienza di Bologna

Ai medesimi risultati è giunto anche il Comune di Bologna, il quale, analizzando diverse strade incluse nelle Zone 30, è giunto alla conclusione che la velocità media dei veicoli si aggira intorno ai 10 km/h in più rispetto al limite (PIARC, p. 19). Se ne deduce che le Zone 30 “da sole”, implementate solo da apposita segnaletica, hanno un effetto alquanto limitato: se si vuole veramente raggiungere una reale messa in sicurezza del traffico, allora la riduzione dei limiti di velocità deve essere necessariamente accompagnata da interventi architettonici di moderazione. A testimonianza di ciò, l’intensità del traffico veicolare nei Paesi Bassi registrò un notevole calo a seguito dell’introduzione di Zone 30 e di interventi architettonici di moderazione del traffico, ovvero dal 5% al 30%, a seconda delle varie Zone, mentre gli incidenti con infortuni sono diminuiti del 25% dal 1983 al 1990. (Vis et al., 1992).

Ulteriore beneficio dovuto all’istituzione di Zone 30 è il miglioramento del flusso del traffico e una contestuale riduzione della congestione delle strade. Questo si verifica sia perché una riduzione del numero di incidenti comporta minori interruzioni stradali, sia grazie ad un minore volume di traffico. Quest’ultimo miglioramento è generato dal fatto che gli utenti della strada sono portati a scegliere percorsi diversi e quindi a distribuire il traffico in maniera più omogenea su varie direttrici stradali. È comunque importante notare come sia difficile, soprattutto nelle ore di punta, superare nelle aree urbane la velocità di 30 km/h. Inoltre, seppur sia vero che viaggiare ad una velocità inferiore comporta un tempo teorico di percorrenza maggiore, è però dimostrato che un aumento di velocità comporta un rischio doppio di trovarsi coinvolto in una coda dovuta ad un incidente stradale.

Prendendo in considerazione la “vicina” città di Bologna – la quale in data 16 gennaio 2024 ha implementato una politica di “Città 30”, estendendo a tutto il territorio comunale il limite di 30 km/h ad eccezione delle arterie principali a scorrimento veloce – se ne deduce che le Zone 30 possono essere fondamentali sia nella lotta contro la mortalità stradale che contro l’inquinamento. Nello specifico, prendendo in considerazione i dati ufficiali pubblicati dal Comune di Bologna, dopo un solo anno, i cittadini deceduti sulla strada sono diminuiti del 49%, oltre al fatto che, per la prima volta dal 1991 – il dato Istat più antico disponibile – nessun pedone è stato ucciso per le strade di Bologna, mentre i pedoni investiti sono diminuiti del 16% (Comune di Bologna, 2025). Sono in netta diminuzione anche gli incidenti stradali ed i feriti, rispettivamente del 13% e dell’11%, mentre i feriti gravi (ammessi dal 118 come “codice rosso”) sono diminuiti del 31% (Comune di Bologna, 2025). Il traffico veicolare si è contratto del 5%, mentre i viaggi sul Servizio Ferroviario Metropolitano a Bologna hanno registrato un importante +31%, così come gli spostamenti in bicicletta (+ 10%) (Comune di Bologna, 2025). Tali dati contrastano ancor di più con la tendenza nazionale: in Italia nel corso del 2024 gli incidenti sono aumentati dello 0,9%, i feriti del 0,5% ed i morti (soprattutto “urbani”) del 7,9% (Comune di Bologna, 2025).

Per ultimo, ma non meno importante, la “Città 30” ha comportato innumerevoli vantaggi dal punto di vista ambientale, aumentando la vivibilità e la sostenibilità del capoluogo emiliano che, come noi a Monza e in generale in tutta la Pianura Padana, soffre di un inquinamento cronico ed asfissiante. La centralina ARPAE urbana di Porta San Felice, infatti, ha registrato un livello di  (biossido di azoto) pari a con una riduzione del 29,3% rispetto alla media 2022-2023 (ovvero il dato più basso degli ultimi 10 anni) (Comune di Bologna, 2025).

Ancora una volta, l’esperienza di Bologna ci rammenta come le Zone 30 non si debbano limitare alla sola cartellonistica segnalante una velocità massima ridotta per funzionare. È cruciale, infatti, che questi interventi di riduzione della velocità siano correlati ad interventi architettonici. A sostegno di ciò, i risultati estremamente incoraggianti in termini di salute ambientale e riduzione degli incidenti raggiunti in un solo anno da Bologna non sarebbero stati possibili senza ingenti investimenti nella messa in sicurezza e in interventi di moderazione del traffico. Il Comune di Bologna, per questi fini, sta infatti attuando un programma pluriennale di investimenti dal valore di 27 milioni di euro, di cui 10 milioni sono già stati spesi negli anni 2022-2024 precisamente per progetti che mettessero in sicurezza l’utenza debole (ciclisti e pedoni) e limitassero “architettonicamente” la velocità degli autoveicoli in città (Comune di Bologna, 2025).


Considerazioni sul funzionamento del motore a scoppio

Per ultimo, lo stesso funzionamento del motore a scoppio sembrerebbe spiegare la diminuzione di inquinanti emessi ad una velocità di 30 km/h. Infatti, la riduzione di consumi e di emissione di inquinanti rilevata grazie all’introduzione di Zone 30 è anche, ma non solo, figlia della riduzione del periodo di maggiore sforzo a cui è sottoposto il motore a combustione interna durante la fase di accelerazione. A velocità elevate, la conseguenza dell’aumento di potenza richiesta è correlata ad un aumento di quantità di combustibile introdotto in camera di combustione; questo incremento di combustibile comporta una maggior produzione di CO (monossido di carbonio) e di idrocarburi incombusti anche se, paradossalmente, un’inferiore quantità di NOx (ossidi di azoto). Inoltre, portando come esempio i motori a ciclo Otto (benzina), questo incremento di produzione di inquinanti dovuto all’aumento della quantità di combustibile rispetto all’aria non viene abbattuto tramite catalizzatore, in quanto quest’ultimo lavora efficientemente con miscele in cui tutto il combustibile viene bruciato dall’aria. Questa riduzione di efficienza del catalizzatore comporta anche un ridotto abbattimento degli NOx (ossidi di azoto) emessi, andando quindi a controbilanciare l’effetto positivo della riduzione della produzione di questi ultimi.

Conclusioni

In conclusione, attraverso l’implementazione delle Zone 30 le amministrazioni locali possono agire su più fronti come l’inquinamento (acustico ed atmosferico) e la sicurezza stradale. In particolare, la letteratura scientifica dimostra come siano diminuiti gli incidenti mortali per gli utenti deboli della strada. Di questo fenomeno, la maggior fonte di dati è costituita dalla città di Bologna, dove nella maggioranza del territorio è stato posto il limite di 30 km/h. L’esperienza del capoluogo emiliano, infatti, in accordo con la letteratura e le esperienze mondiali ed europee, insegna come le Zone 30 portino ad una drastica diminuzione di incidenti e della mortalità pedonale. Aspetto fondamentale da sottolineare è che le Zone 30 risultano di efficacia ridotta nei casi in cui queste vengono implementate attraverso la sola segnaletica; infatti, la moderazione della velocità deve passare attraverso interventi architettonici (installazione di dossi, di chicane, riduzione della carreggiata o realizzazione di ciclabili) che spingano gli automobilisti a moderare la velocità.

GRUPPO TEMATICO MOBILITÀ PD MONZA
Luca Lionetti, Tommaso Capra, Marco Pietrobon

Bibliografia

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