Sabato 16 nella Biblioteca del Carrobiolo è stato presentato il libro “Lontano dalla vita degli altri”. Un incontro all’interno del ciclo Book City e promosso da Libri e Libri e Novaluna, con l’adesione del Comune di Monza, per discutere questa pubblicazione originale, composta da immagini e da brevi testi narrativi, realizzata dall’illustratrice di livello internazionale Gabriella Giandelli e Giovanna Canzi, giornalista che per anni ha operato come docente all’interno del carcere.
Nel tardo pomeriggio di un freddo sabato, la prima piacevole constatazione: una grande e attenta partecipazione, in un clima empatico ed emozionato. Un’altra nota positiva è stata la predisposizione da parte degli organizzatori di un “format” snello, dinamico, efficace e piacevole.
L’incontro, condotto da Fabrizio Annaro (Il Dialogo), ha coinvolto in primis le autrici del libro. Poi il racconto delle “esperienze sul campo” (Carcere Aperto, Caritas e l’Educatrice), intermezzato da brevi ma appassionate letture da parte di Dome Bulfaro e Simona Cesana (Millegrù). Infine, il contributo concreto e non formale dell’Assessora Guidetti del Comune di Monza.
Chi si aspettava il “solito incontro” sui problemi sociali (irrisolti) del Carcere di Monza e un “appello ai sentimenti solidali” sarà rimasto deluso. In compenso, l’incontro ha permesso di avere “un altro sguardo”, quello del “raccontare esperienze di chi opera nel carcere e storie dei detenuti”.
Alcune pillole sparse tratte dagli interventi:
“Il Carcere di Monza (come altri) ha edifici e strutture abbandonati a sé stessi”.
“Luoghi dove prevale la sciatteria: un esempio per tutti, gli orologi sui muri sono sempre fermi da anni, come se il tempo si fosse fermato, come se non ci fosse futuro per chi coi vive”.
“Luoghi che non favoriscono la cura e la speranza delle persone; luoghi che non aiutano i detenuti a fare casa, a diventare comunità”.
In questo difficile e complesso contesto, operatori, volontari e insegnanti realizzano comunque da anni esperienze utili a “tenere aperti” animi e speranze dei detenuti-persone, cercando di andare oltre le sbarre.
Alcuni esempi:
“La Biblioteca del Carcere fa parte a pieno titolo del sistema bibliotecario e sta avviando con successo le prenotazioni online, favorendo maggiormente la lettura”.
“I percorsi formativi e scolastici, che utilizzano modalità sperimentali che partono dalla vita delle persone in carcere; la cura dei pochi i spazi verdi e le attività sportive”.
“La presenza dei 70 volontari (per i 700 detenuti) dell’Associazione Carcere Aperto, i quali forniscono per quanto possibile cibo, vestiario e minimi contributi economici”
Il filo conduttore del libro e degli interventi è quello dell’importanza delle relazioni, “il provare a stimolare e costruire relazioni con i detenuti intese come persone, favorendo il recupero di sentimenti e autostima”
“Relazioni: fatte di ascolti, di silenzi, di scambi, di prime affettività, anziché prediche, volontarismi, pietismi e commiserazioni.”
Non entrando – volutamente – nei contenuti dell’opera (che vi raccomando di leggere), è importante sottolineare il tratto esperienziale della sua curatrice, Giovanna Canzi. La sua presenza attiva di quattro anni come docente, pur vivendo in una situazione nuova e complessa, le ha permesso a consuntivo di riuscire a creare un rapporto di “dare e ricevere” non solo con le persone che hanno con lei collaborato, ma soprattutto con gli studenti del carcere conosciuti durante i molteplici incontri.
Infine, una considerazione “politica” sul tema trattato. In tempi come questi, dove prevale la cultura del “punire e buttar via la chiave”, del “godo, quando vedo i detenuti non respirare”, credo che – anche se elettoralmente non pagante – il Carcere di Monza, proprio perché lontano e separato dalla nostra città, abbia bisogno di sentirsi, invece parte della nostra comunità monzese.
È questo il compito principale che ci si aspetta dall’Amministrazione Comunale, dalla politica monzese, dalle realtà che da anni operano “in rete” all’interno e all’esterno del carcere e dai cittadini monzesi.
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