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damiano pensierosoDopo l’incontro coi sindacati, presentazione e uscita in Gazzetta. Ci siamo: questa è la settimana decisiva per l’entrata in vigore del Jobs Act. La riforma del mercato del lavoro voluta dal governo Renzi è ormai ai blocchi di partenza: i decreti sono ormai completi e attendono il via libera definitivo per la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Siamo dunque agli sgoccioli: entro pochi giorni saranno in vigore non soltanto i nuovi criteri per il licenziamento e il reintegro del personale, ma, soprattutto, anche il nuovo contratto a tutele crescenti.

 

Si tratta delle disposizioni contenute nei primi due decreti emanati dal ministero del Lavoro, a ruota dell’approvazione del disegno di legge che ha conferito al governo la possibilità di legiferare sulle materie oggetto del provvedimento, tra cui anche il mercato del lavoro, la riforma degli ammortizzatori e le maglie dell’articolo 18.Come noto, le novità saranno in vigore essenzialmente per i contratti stipulati a partire dall’anno in corso, dunque, per i dipendenti di lungo corso nessun rischio. In aggiunta, il Jobs Act resterà valido solo per i contratti del settore privato, mentre i lavoratori del pubblico impiego non saranno toccati dalla normativa firmata Renzi-Poletti.

Proprio il tema dell’inclusione dei lavoratori pubblici, si ricorderà, è stato causa di un battibecco all’interno della maggioranza, con il senatore giuslavorista Pietro Ichino che ha portato alla luce la non applicabilità dei decreti interni al Jobs Act al settore degli impiegati statali. La risposta del governo è stata quella di rimandare la decisione alla riforma della pubblica amministrazione, anch’essa in esame in Parlamento.

Le prossime tappe

Rimangono ancora due ostacoli alla trasmissione dei decreti per l’entrata in vigore: da una parte, il parere finale della commissione lavoro di Montecitorio e, dall’altra, la reazione dei sindacati che, comunque, visti i casi recenti di dialogo con le parti sociali, non dovrebbe arrestare il  cammino dei provvedimenti. Nel primo caso, invece, il rinvio è stato una spiacevole necessità, dal momento che le sedute fiume – con tanto di rissa – della scorsa settimana sulle riforme costituzionali, hanno impedito di fissare i lavori per il voto sul decreto.

La proposta, però, è sul tavolo e il presidente Damiano ha ufficializzato che, se tutto andrà come deve, i licenziamenti collettivi saranno esclusi dalla legge in procinto di diventare effettiva. Con le parti sociali, invece, il confronto avverrà mercoledì 18: l’auspicio del governo è quello di chiudere in fretta il capitolo per presentare i provvedimenti con il Consiglio dei ministri di venerdì, mentre le organizzazioni sindacali hanno comunque messo in guardia che non faranno scena muta al cospetto del ministro.

 

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