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Care amiche , cari amici, gentili ospiti,martina

grazie per la vostra presenza qui oggi.

 

Rivolgo subito un saluto caloroso ai rappresentanti delle forze politiche e sociali che hanno accettato il nostro invito, così come voglio ringraziare la federazione di Lodi e il Sindaco della città Lorenzo Guerini per l’ospitalità.

A Lorenzo e a tutti i democratici lodigiani va un grosso in bocca al lupo per l’importante sfida elettorale che li vedrà impegnati direttamente alle prossime elezioni cittadine.

Ciò che è stato fatto in questa città - per qualità e quantità di lavoro e di idee - rappresenta concretamente, più di tante parole, la buona cultura di governo che i democratici lombardi posso mettere al servizio del territorio e dei cittadini.

Ringrazio di cuore per la sua presenza anche la nostra Presidente nazionale, Rosy Bindi, alla quale rivolgiamo tutti un saluto caloroso e fatemi anche fare subito un grosso in bocca ad Antonio Misiani per il suo nuovo importante incarico di tesoriere nazionale del Pd.

 

 

 

Il Congresso

Con l’insediamento della nuova assemblea regionale chiudiamo il nostro percorso congressuale.

Sono state settimane intense che ci hanno permesso di animare un confronto vero, non rituale anche sul piano locale.

Abbiamo richiamato l’attenzione di tanti e accolto nel progetto nuove energie provenienti da diverse esperienze associative e istituzionali. Dalla cultura ambientalista così come da realtà civiche e sociali.

Ci siamo confrontati senza reticenze e credo che siamo tutti riusciti nell’impresa di non rinchiuderci: abbiamo dato vita ad un percorso largo e partecipato parlando di noi e parlando del paese.

Non c’è alcun dubbio che ci siamo arricchiti reciprocamente e per questo io ringrazio ancora una volta in particolare Emanuele Fiano e Vittorio Angiolini per la qualità del confronto a cui abbiamo dato vita.

Se questo congresso ha sviluppato in modo positivo la nostra dialettica, facendo emergere idee e persone, è certamente anche per merito loro e per merito di tutti quelli che a vario titolo ci hanno messo la faccia.

Se il Pd oggi può guardare la suo futuro con speranza e determinazione è anche perché è stata vinta la sfida della partecipazione in particolare, fatemi dire, in questa regione.

Oltre 30mila iscritti al partito democratico lombardo hanno partecipato e votato nei 950 congressi di circolo realizzati sul territorio.

Il 25 Ottobre più di 350mila persone si sono recate alle primarie nei 1500 seggi allestiti contribuendo alla riuscita di una giornata d’impegno straordinaria.

Sono numeri che rivelano un mondo di passioni e di intelligenze da cui nessuno può prescindere.

Numeri che fotografano la forza di insediamento e il radicamento di un progetto che può dare tanto al futuro di questa terra.

Usciamo anche per questo più forti e più determinati da questo congresso.

Iscritti ed elettori si sono espressi in modo univoco consegnandoci un mandato di lavoro chiaro.

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A livello nazionale la proposta presentata da Pierluigi Bersani ora deve immergersi senza esitazioni nella realtà di una vicenda politica sempre più in evoluzione.

Sono convinto che il cuore della sfida che ci ha voluto proporre, la costruzione cioè di un autentico partito popolare, sia la strada maestra per contrastare la deriva populista a cui il paese è sottoposto.

Non dimentichiamoci quello che giustamente lo stesso Bersani ci ha più volte ricordato: quando la destra vince, vince nel popolo.

E dentro la nostra scommessa c’è un lavoro enorme da sviluppare a partire dalle due facce evidenti della vicenda italiana.

Da una parte una degenerazione della vita democratica che rischia di stravolgere ruoli e funzioni delle istituzioni e il concetto stesso della rappresentanza.

Lo vediamo anche in queste ore di fronte all’ennesima forzatura per l’approvazione di una legge irricevibile sulla durata dei processi che rischia di sfasciare l’ordine giudiziario e contro la quale noi ci opporremo con forza.

Dall’altra una crisi economica e sociale che sta allargando sempre più le disuguaglianze colpendo generi e generazioni e divaricando i territori.

Su questi due fronti si gioca la possibilità di fare emergere un’alternativa credibile alla destra che ha governato larga parte di questi ultimi anni.

Certo per noi la questione è profonda e investe direttamente la nostra capacità di offrire una visione alternativa della società e non solo qualche rimedio diverso alla crisi in atto.

Perché la destra negli anni ci ha battuto anche in tempi non di crisi e i nodi che dobbiamo risolvere per colmare la distanza che ci separa da vasti strati della società, prescindono anche da una lettura esclusivamente economica della vita.

 

Partiamo dalle proposte fatte sabato all’assemblea nazionale.

Rilanciamo subito la sfida sulla riforma della politica a partire dai quattro temi indicati dal segretario:

  • superamento del bicameralismo perfetto e senato federale,

  • nuova legislazione sui partiti,

  • nuove norme sui costi della politica,

  • e una legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere i parlamentari.

Sono proprio questi i primi temi di svolta verso una democrazia davvero decidente in grado di proporsi come modello forte e alternativo al leaderismo esasperato che ispira la maggioranza di governo e il presidente del consiglio.

Ad un leader che proclama di decidere, noi contrapponiamo una democrazia che decide per davvero.

Di fronte a chi vorrebbe risolvere il tema democratico esaltando solamente il rapporto tra un leader e il suo popolo, si capisce bene quanto sia necessario animare una riscossa civica in grado di ricostruire coesione attorno ad un modello democratico rinnovato ed efficiente.

Questa è la nostra visione.

Questo è il senso profondo di un impegno per l’Italia che non può permettersi, come sta avvenendo, di scivolare lentamente nell’afasia civica e nell’indifferenza sociale.

 

Il congresso ci consegna questa consapevolezza.

La consapevolezza, innanzitutto, del fatto che il nostro partito è il principale strumento di cui disponiamo per promuovere questo sforzo.

Per questo il confronto che abbiamo animato sull’identità e il profilo dei Democratici non può essere banalizzato.

Definire il nostro come un progetto sociale, liberale e civico chiarisce il binario che vogliamo percorrere.

Dire partito dell’eguaglianza, delle opportunità e dei diritti significa stare dalla parte di chi è colpito ogni giorno dalle troppe ingiustizie di questo paese, guardando alle condizioni materiali delle persone.

Dire partito laico significa recuperare il senso profondo di un “metodo per tutti” che riconosca e valorizzi l’apporto delle nostre culture di riferimento senza viverle come recinti.

Dire partito del lavoro e dell’impresa significa avere l’ambizione di rappresentare la società operosa che ci prova ogni giorno e che spesso non abbiamo saputo nemmeno vedere.

La centralità e la dignità del lavoro diventano, tanto più dopo il crollo di Wall Street, il terreno principale del nostro impegno.

Non sono parole banali quelle che abbiamo pronunciato.

Raccontano l’ambizione del nostro impegno e definiscono ciò che vogliamo essere.

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Dice bene Bersani: ora il compito del Partito Democratico è passare dall’opposizione all’alternativa.

Oggi questo è l’imperativo dei Democratici lombardi perché soprattutto qui, a noi, è chiesto di realizzare un cambio di passo.

Dall’opposizione all’alternativa di governo per la Lombardia.

E’ il cuore della sfida che lanciamo per le prossime elezioni regionali.

Lo abbiamo detto più volte e lo ripetiamo ancora oggi: in Lombardia è tempo di cambiare.

Questa regione ha bisogno di rinnovare la sua classe dirigente amministrativa, ha bisogno di tornare a far circolare idee e progetti, ha anche bisogno di scommettere su nuove persone.

Un territorio forte e sicuro di sé non rimane intrappolato nelle sorti di una sola persona e c’è evidentemente qualcosa che non va se assistiamo ancora all’ipotesi di una quarta ricandidatura consecutiva alla presidenza della più importante regione del paese.

Parliamo giustamente, a livello nazionale, di deformazione dei processi democratici ma non possiamo non vedere che questo aspetto della vicenda lombarda ci presenta lo stesso problema.

Perché una regione che non sa rinnovarsi rischia di essere più debole.

Perché viviamo il paradosso di un Presidente inamovibile, quando persino il sindaco di un piccolo comune di poche anime oggi deve rispettare il limite dei due mandati di governo.

Ma il tema che noi poniamo per la Lombardia non riguarda certamente solo questo aspetto.

Quindici anni di gestione del potere, da parte delle solite persone, hanno consolidato logiche che rischiano di essere regressive per il bene comune.

Quando per troppo tempo poche persone detengono un potere così ampio il passo verso meccanismi distorti è breve.

Ci hanno raccontato con slogan roboanti l’esaltazione della “libertà di scelta” ma troppo spesso questa stessa libertà si è tradotta in percorsi a senso unico: nella sanità, nella formazione professionale, nel sostegno alle imprese così come in altri ambiti.

Si è affermata una pratica di gestione delle cose, anche nelle relazioni fra politica, istituzioni e soggetti privati, spesso chiusa e selettiva, il più delle volte non certo per capacità e competenze.

E’ questo è un punto di critica netto ai nostri occhi.

Ha prevalso una idea distorta della sussidiarietà, intesa per lo più come meccanismo protettivo ed escludente, che non come fattore di protagonismo di tutta la società.

E in tutto questo, badate, c’è una responsabilità evidente anche di forze come la Lega Nord.

A parole sempre pronta a distinguersi in modo plateale, ma nei fatti protagonista attiva delle scelte più sbagliate del centrodestra lombardo.

Fatemi dire che anche le recenti notizie legate a gravi irregolarità nella gestione di diverse importanti bonifiche danno il segno evidente di quello che sto dicendo.

E fatemi aggiungere che Regione Lombardia, per tutelare se stessa, farebbe bene ad accogliere presto la nostra proposta di una commissione d’inchiesta specifica sul caso.

Ci sono troppe domande inevase e non possiamo tollerare, né dal Presidente, né dalla sua maggioranza, risposte vaghe e silenzi di fronte a problemi così evidenti.

La Lombardia merita ben altro.

Sotto la patina comunicativa che sempre avvolge l’attività di questa amministrazione rimangono nodi aperti tutt’altro che risolti.

Chi deve rispondere del fatto che la nostra regione è ancora ultima fra le regioni italiane per dotazione di reti ferroviarie?

Chi deve rispondere del fatto che la ricca Lombardia è solo 13° nella classifica dei territori con il maggiore grado di libertà economica?

Chi deve assumersi la responsabilità dei dati drammatici dell’inquinamento visto che in quindici anni sono aumentate del 15% le emissioni di gas serra a fronte di una media nazionale del 10?

E ancora.

Dov’è finita la determinazione di questa regione nell’attuazione del federalismo differenziato visto che proprio questo importante tema è stato lasciato cadere nel vuoto da Formigoni esattamente un minuto dopo l’insediamento del Governo Berlusconi?

E com’è possibile - sul fronte delle politiche sociali - che una regione avanzata come la nostra ancora non abbia un fondo regionale stabile per la non autosufficienza e negli asili nido si copra solo il 15% dei bimbi da 0 a 3 anni?

Potremmo andare avanti elencando dati e questioni che raccontano una Lombardia diversa da quella che spesso viene descritta dai comunicati stampa del Pirellone.

E qui si pone il cuore della sfida che dobbiamo lanciare al centrodestra.

Noi possiamo rappresentare un’alternativa di governo chiara a questi anni e avanziamo un progetto per il futuro della Lombardia per una società più giusta e più aperta.

Viviamo una terra che lungo la sua storia si è arricchita e rafforzata proprio perché ha fatto della giustizia sociale e dell’apertura il suo tratto dominante.

Milano e la Lombardia sono stati soprattutto questo.

Qui più che altrove veniva premiato il talento, si scommetteva sulle persone e sul saper fare indipendentemente dalle condizioni di partenza.

Qui più che altrove gli investimenti sui beni collettivi e sulle relazioni sociali erano investimenti per tutti e non solo per pochi.

Se intere zone della nostra regione sono passate in pochi decenni dalla povertà estrema all’opulenza è perché veniva riconosciuto e sostenuto chi ci voleva provare, chi si rimboccava le maniche.

E’ così che si è affermata un’etica del lavoro straordinaria e probabilmente unica al mondo.

Questo è il tratto dominante della nostra storia. Questa è la nostra identità.

Altro che le invenzioni cinematografiche del “Barbarossa” che servono solo ad accontentare gli appetiti leghisti.

Ma ad un certo punto, con l’avanzare della globalizzazione e della modernità, hanno iniziato a prendere piede sentimenti di paura e di chiusura.

Almeno nel discorso pubblico, ed anche nei comportamenti politici ed elettorali.

I protagonisti che per anni diedero a Milano e alla Lombardia strumenti formidabili per vivere le trasformazioni sociali, non ressero tutto l’urto di questi cambiamenti.

Hanno prevalso così i populismi.

E ancora oggi viviamo un paradosso: siamo la regione più dinamica e cosmopolita del paese ma poi ci facciamo rappresentare prevalentemente da forze che hanno fatto la loro fortuna su parole d’ordine opposte a quelle che negli anni i lombardi hanno praticato.

Questo è lo scarto da colmare per offrire un nuovo sguardo forte sul futuro.

La parole chiave, per noi, è “società aperta”.

Che non significa certo società priva di identità.

Ma nel mondo globalizzato cresceranno e diventeranno sempre più forti i sistemi territoriali aperti e cosmopoliti. Sistemi che sapranno innovarsi senza negare se stessi.

Noi pensiamo che la destra lombarda non abbia il passo per cogliere questa sfida e siamo convinti invece che una nuova proposta democratica possa sostenere questo cambio di passo.

Ma cosa vuol dire porsi l’ambizione di una società aperta in questa regione?

Io penso che, in primo luogo, voglia dire guardare in faccia questa crisi e proporsi con strumenti nuovi verso il mondo del lavoro e dell’impresa lombarda.

Questa crisi sta battendo ancora forte sulle imprese e sui lavoratori.

Da gennaio ad oggi abbiamo perso altri 50mila posti di lavoro, più della metà in piccole e medie imprese.

Di fronte ai tanti casi di chiusure e dismissioni aziendali non ce la si può cavare solo con qualche audizione nelle commissioni consiliari del Pirellone.

Casi come quelli di Nokia e Tenaris, in ambiti diversi, ci dicono che stiamo perdendo una parte importante del nostro sistema produttivo.

Servono risposte forti innanzitutto verso il mondo del lavoro.

A partire dalla certezza dei fondi per gli ammortizzatori per il 2010 e con il varo di strumenti universalistici in grado di aiutare anche quella metà del mondo del lavoro, precaria e perennemente instabile nella vita, oggi drammaticamente esposta a questa crisi.

Sussidio unico di disoccupazione, salario minimo, riforma e semplificazione del diritto del lavoro sono i primi passi di una svolta che vogliamo sostenere per concretizzare una via italiana alla flexsicurity.

E noi possiamo dare molto a questa svolta, tanto che a partire dalla prossime settimane attiveremo un Tavolo Lombardo con sindacati e imprese proprio su questo.

Sul fronte del sostegno ai redditi ribadiamo le richieste del nostro gruppo consigliare in Regione perché aumenti, com’è stato già fatto in altre realtà, la soglia di esenzione Irpef fino a 30mila euro.

Così come chiediamo di poter rideterminare il valore del ticket farmaceutico a fronte del fatto che la spesa per farmaci nell’ultimo triennio si è ridotta, mentre è aumentata la quota a carico dei cittadini.

Occorrono rapidamente interventi di politica industriale per orientare suoi nuovi settori emergenti la nostra economia: le tecnologie in sanità, i bioprodotti, le energie rinnovabili, l’edilizia sostenibile, la meccatronica, la chimica avanzata solo per citare alcuni settori.

Proponiamo per questo anche in Lombardia un vero e proprio Progetto Industria 2015 orientando risorse e investimenti sui settori emergenti, smettendola con i sostegni a pioggia e ponendosi seriemente il tema delle delocalizzazioni industriali che stanno impoverendo il territorio.

Crediamo prioritario il varo di un piano di riconversione ecologica della nostra economia dato che abbiamo sempre di più un grande problema di qualità dello sviluppo.

Se misurassimo gli indici di benessere dei lombardi e la nostra qualità della vita al di là del Pil prodotto, ci accorgeremmo dei problemi evidenti di un sistema che ruba drammaticamente tempo, risorse e salute ai cittadini.

La pantomima a cui abbiamo assistito in queste settimane sulla vicenda dei Diesel Euro 2 da la misura dell’inefficacia della Regione. E sempre per stare nel campo delle cose annunciate e mai realizzate domandiamoci che fine a fatto il progetto del “Polo per la mobilità sostenibile” promesso anni fa per l’area di Arese.

Società aperta per noi vuol dire anche un rapporto nuovo con i ceti produttivi.

In questi mesi in molti hanno ben descritto la situazione di un vasto mondo di professionisti e produttori che rappresentano l’ossatura fondamentale del nostro sistema produttivo.

Stiamo parlando di artigiani, piccoli imprenditori, professionisti con partite Iva e imprese famigliari.

Gente che si è fatta da sé e che oggi chiede di essere riconosciuta tanto quanto i tradizionali soggetti dell’impresa e del lavoro.

Proprio perché siamo un partito popolare, non possiamo volgere lo sguardo altrove.

Sappiamo che il nostro rapporto con queste realtà in passato non è stato facile ma oggi, di fronte alle mancate risposte della destra, si apre per noi uno spazio nuovo.

Vogliamo confrontarci su misure concrete: l’aumento del forfettone fiscale, meccanismi di alleggerimento dell’Irap, lo snellimento burocratico e amministrativo, la capitalizzazione dei Confidi, i sostegni alla qualificazione professionale sono solo i primi tasselli di un campo di proposte che avanzeremo.

Così come intendiamo rilanciare la nostra proposta di un intervento rapido da parte di Finlombarda per anticipare i pagamenti della pubblica amministrazione verso il sistema delle imprese.

Società aperta vuol dire anche un disegno forte di riforma del welfare territoriale che assuma davvero l’approccio del “ciclo di vita”, investendo innanzitutto sulla centralità della persona e sostenendola quindi dal momento della nascita a quando entra nel mondo del lavoro, a quando forma una famiglia.

L’Italia è cronicamente malata di immobilità sociale e la Lombardia non sta certo meglio.

Dove se non qui bisognerebbe aprire la strada a interventi radicali di sostegno alla mobilità sociale a partire dalla parità di accesso alle opportunità e incominciando dai talenti delle donne?

Questo è l’altro grande campo di sfida che vogliamo lanciare a chi ha governato per anni.

Facciamo della Lombardia un laboratorio di pratiche a sostegno delle giovani generazioni, della mobilità sociale e della nuova cittadinanza a partire da tre temi.

  1. L’accesso alla casa: supportando l’autonomia dei giovani sotto i trent’anni con l’istituzione di un assegno d’autonomia secondo i migliori modello europei e agevolando fiscalmente i proprietari che intendono affittare loro gli immobili.

  2. Il Sostegno alle giovani famiglie: con meccanismi di rimborsabilità delle spese di cura dei figli, sgravando anche in chiave regionale i redditi prodotti della giovani coppie che lavorano e attivando un piano straordinario per gli asili nido con l’obiettivo di avvicinarsi alla soglia del 33% indicata da Lisbona.

  3. E poi percorsi di cittadinanza e di inclusione nei diritti e nei doveri. Prendiamo esempio anche qui dalle migliori esperienze europee per affrontare il grande tema del governo del fenomeno migratorio. Rafforziamo gli strumenti di inclusione e conoscenza a partire dalle lingue.

Società aperta per noi vuol dire investimenti certi nel sapere diffuso, fondi permanenti di sostegno ai nostri ricercatori e agli universitari che studiano nel mondo.

Vuol dire banda larga e su questo va ribadito che la decisione del Governo di tagliare i fondi è molto grave perché priverà imprese, famiglie e territori di uno strumento essenziale per competere.

Società aperta vuol dire infrastrutture ferroviarie e stradali per una mobilità moderna.

Persino su questo punto strategico arranchiamo vistosamente.

Deve essere chiaro a tutti che la sconfitta sul fronte aeroportuale, con il declassamento di Malpensa, porta anche il nome del Governatore di questa regione.

E per come è stata gestita tutta la vicenda Alitalia, in relazione agli scali lombardi, essa è purtroppo uno dei simbolo più eclatanti del fallimento di chi ci sta governando.

Altro che Baviera, quindi. Se tutto questo fosse accaduto in Germania a quest’ora probabilmente avremmo da sfidare un altro presidente di regione.

E c’è una responsabilità politica evidente anche nel dissesto del sistema ferroviario regionale che scarica ogni giorno sulla vita di migliaia di pendolari costi oramai insopportabili.

La verità è che Regione Lombardia per anni ha avuto un atteggiamento rinunciatario e inconcludente sul tema e non può certo salvarsi la coscienza oggi addossando le colpe, peraltro evidenti, solo a Ferrovie della Stato.

Fatemi dire che anche su Expo 2015 si misura purtroppo la distanza tra l’ambizione di un evento che potrebbe segnare il futuro di Milano e della Lombardia e la sostanza di una gestione chiusa, troppo legata, anche qui, ai destini delle persone e agli equilibri dei partiti dell’attuale maggioranza.

Noi continuiamo a pensare che possa essere un volano straordinario.

Continuiamo a pensare che un Expo dei territori sia la chiave giusta.

Gli Stati generali di qualche mese hanno suscitato interesse, ma oggi registriamo il rischio di avere invece solo generali senza stati. Cioè nomine e incarichi senza contenuti e senza chiarezza nei progetti.

Chiediamo una gestione all’altezza della sfida e non invece gli intoppi, i ritardi e gli atteggiamenti predatori a cui abbiamo assistito.

*****

Ho tentato di indicare alcuni grandi temi prioritari per la Lombardia convinto che da li può crescere la nostra alternativa di governo.

Ci aspettano sfide importanti e nessuna di questa è impossibile.

Da Como a Lecco, da Pavia a Milano emerge che questa destra al governo del territorio è sempre più bloccata da veti e contro-veti interni.

In troppe realtà appare oramai evidente che le loro maggioranze sono per lo più la sommatoria di gruppi di potere molto diversi assillati dallo scontro interno.

Nel marzo prossimo, con le elezioni regioni, andranno al voto anche tanti comuni tra i quali voglio ricordare oltre a Lodi anche Mantova e Lecco.

Ovunque il Pd dovrà lavorare a progetti civici aperti, coinvolgendo sui programmi tutte le energie disponibili.

Più i nostri avversari si chiudono in logiche di potere duali fra Pdl e Lega, maggiore deve essere la nostra capacità di apertura e coinvolgimento.

A breve, a livello regionale, grazie al lavoro di un importante gruppo di esperti presenteremo un vero e proprio Libro Bianco per la Lombardia.

So bene che accanto alle idee conta anche la credibilità dei soggetti che le propongono.

In queste settimane abbiamo stretto rapporti positivi con tante forze che possono giocare con noi la partita del voto lombardo.

Penso in primo luogo a Sinistra e Libertà e all’Italia dei Valori ma anche ad altre forze riformiste, moderate e civiche che hanno dimostrato interesse per un lavoro comune.

Abbiamo attivato un gruppo per il programma che ha già iniziato a condividere obiettivi e priorità.

Siamo interessati a capire come l’Unione di Centro vorrà concretizzare anche in Lombardia la sua proposta alternativa all’attuale maggioranza, visto che, ogni giorno che passa, appare evidente che i contenuti che questa esperienza propone non possono certo trovare cittadinanza nel sodalizio tra Pdl e Lega.

Non siamo interessati a riprodurre schemi di alleanze eterogenee e indefinite.

Comprendiamo bene anche la credibilità di una proposta, in particolare in Lombardia, passa anche dalla chiarezza della sua offerta elettorale.

Dunque non proponiamo riedizioni di tentativi già sperimentati, ma l’obiettivo di affiancare al progetto e al candidato un campo di forze coerenti con questo sforzo.

Anche per quanto riguarda il candidato presidente l’obiettivo determinante che ci siamo dati tutti insieme è di arrivare presto alla definizione di un unica proposta di candidatura per poter iniziare presto il lavoro sul territorio.

E’ certo che il Partito Democratico chiamerà a raccolta per questo obiettivo il meglio delle sue energie per un grande lavoro di squadra.

All’assemblea chiedo il mandato a sviluppare questo lavoro predisponendo, innanzitutto, un confronto costante a partire dai prossimi giorni con la direzione regionale che eleggeremo proprio oggi.

Care amiche, cari amici,

un partito ricco di protagonisti come il nostro deve chiedere un passo avanti a tutti perché nessuno deve sentirsi ospite.

Abbiamo di fronte mesi duri ma appassionanti.

Voglio svolgere il mio compito nella chiarezza del programma che ho presentato a congresso e chiamando a raccolta tutte le migliori energie di cui disponiamo.

Sono pronto per questo, in ogni ambito del nostro lavoro, a chiedere a tutti un contributo da protagonisti: tanto nei livelli territoriali, quando negli organismi dirigenti regionali.

C’è molto da fare a partire dalle prime proposte indicate anche sabato scorso da Bersani:

  • La nuova campagna di radicamento dei circoli sui luoghi di lavoro, non dimenticandoci certo del dramma quotidiano delle troppe morti bianche,

  • La nostra presenza a fianco degli amministratori locali per denunciare le politiche centraliste del governo e smascherare il finto federalismo leghista che sta soffocando le autonomie locali.

  • A queste io aggiungo anche un impegno forte per la legalità e contro le mafie anche a Milano e in Lombardia. Perché non possiamo assistere indifferenti a quello che sta emergendo nelle nostre terre che ci racconta una presenza vasta e capillare della criminalità organizzata.

Nelle prossime giornate completeremo la squadra regionale del Pd e inizieremo a lavorare a partire da questi temi con i circoli e le federazioni provinciali.

Con oggi diamo vita anche ad una commissione permanente sullo Statuto che avrà il compito di seguire la discussione nazionale riorganizzando anche il nostro documento fondamentale.

Ho concluso.

C’è uno slogan che mi ha colpito utilizzato dall’Onu in occasione della prossima Conferenza di Copenaghen sui mutamenti climatici che speriamo possa produrre una svolta vera alla lotta contro il riscaldamento globale.

Lo slogan dice: “Quando guida la gente, i leaders seguono”

Il 25 Ottobre al Pd in fondo è accaduto questo.

La nostra gente ancora una volta ci ha aperto la strada.

Se penso alle nostre prossime sfide, io dico che può accadere ancora.

E se penso in particolare alla sfida lombarda, credo che il nostro impegno possa aprire davvero il tempo del cambiamento.

Lavoriamoci tutti insieme. Perché questa ambizione diventi realtà. Grazie

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