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beni-comuni-manifestazioneCon questi referendum, rivendichiamo con forza la partecipazione alle decisioni importanti e ribadiamo alcune convinzioni: i diritti non si vendono, la voracità di pochi non può mettere a repentaglio il futuro di tanti.

La partecipazione è un bene comune. L’acqua è un bene comune, ma lo sono anche la sicurezza energetica e la tutela della salute. Non è tollerabile che si possano fare affari scaricandone i rischi sulla collettività.

In economia, per “bene comune” si intende un bene consumato da più persone contemporaneamente.

A differenza dei beni pubblici, il bene comune è chiamato bene “rivale”, perché il mio consumo interferisce con quello degli altri. I beni pubblici invece possono essere goduti da tutti, senza contrasti.  La sicurezza, ad esempio, è un bene pubblico.

Dato che l’acqua è sempre più scarsa, il rischio è quello di distruggere questo bene comune, consumandone troppa. E’ quindi molto importante che i beni comuni siano gestiti con responsabilità sociale, non solo pensando ai bisogni di oggi, ma anche a quelli di domani. Proprio per questo, è molto pericoloso affidare la gestione dei beni comuni ai privati, che hanno come obiettivo principale quello di massimizzare i profitti.

Non c’è dubbio che in diversi casi la gestione pubblica italiana abbia prodotto risultati pessimi. E’ vero anche che esiste una percezione diffusa di un ‘pubblico’ equivalente a spreco, carrozzone, clientela e corruzione. Se però ci arrendiamo all’idea che non si possa invertire la rotta, il privato avrà sempre la meglio. E con lui, gli interessi di pochi.

Ci sono esperienze in Europa, sia in Francia che in Germania, di ritorno alla gestione pubblica dell’acqua. In questi casi, si nota che la scelta nasce dalla considerazione dell’esistenza di un rapporto stretto tra acqua e territorio. Per l’acqua è importante la cura del territorio della falda: se si preserva la natura dove scorre l’acqua, sono poi necessari meno interventi sugli acquedotti. Nel 1992, a Monaco di Baviera, sono stati acquistati i terreni adiacenti alla falda e destinati a coltivazione biologica. Quale privato potrebbe mai fare questo investimento, esclusivamente in qualità e salute?

I beni comuni vanno oltre la classica dicotomia pubblico-privato. Sono beni a titolarità diffusa, appartengono a tutti ed a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può pretenderne l’esclusività. Sono l’acqua, l’aria, i semi, la conoscenza, i patrimoni culturali e ambientali, beni da amministrare con i principi di solidarietà e sostenibilità, nell’interesse delle generazioni che verranno. Comunque, per la loro salvaguardia, non è sufficiente che i beni comuni rimangano in mano a un soggetto pubblico: noi abbiamo l’obbligo di vigilare e garantirne la permanenza nel tempo, in quanto soddisfano bisogni collettivi.

Parlare di beni comuni significa parlare anche di diritti fondamentali. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che riconosce l’accesso all’acqua come diritto fondamentale di ogni persona. Non molto tempo prima, il Parlamento Europeo aveva parlato dell’accesso ad internet come un altrettanto fondamentale diritto. Acqua e rete: sopravvivenza, conoscenza, eguaglianza, concetti che con le logiche del mercato e del profitto non hanno nulla a che vedere.

Si è iniziato un percorso per una nuova politica dei beni comuni, anche se il quorum non fosse raggiunto.

Vincere il referendum sull’acqua, non cancellerebbe purtroppo le privatizzazioni già effettuate, ma ne potrebbe evitare altre e sarebbe un chiaro segnale alla politica: “non vogliamo consegnare i servizi fondamentali al mercato”.

Nel nostro territorio, la battaglia per i referendum si coniuga con le altre battaglie intraprese nell’ultimo anno, soprattutto quella contro la variante del PGT e quella in difesa della Villa Reale. E’ evidente come, dopo tanti anni, cresca la domanda di dignità e diritti garantiti dalla gestione pubblica, a partire dalla battaglia fondamentale in difesa della scuola pubblica. E’ importante parlare assieme di questi temi e sollecitare la politica a farli suoi.

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