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Enrico BerlinguerIn occasione del trentesimo anniversario della scomparsa di Enrico Berlinguer si è tenuto a Monza un momento di riflessione su i suoi "    pensieri lunghi" e l'attualità del suo pensiero. Gli ospiti sono state tutte personalità di rilievo: Roberto Scanagatti, sindaco di Monza, Pietro Virtuani, segretario PD Monza e Brianza, Roberto Rampi (deputato PD), Luca Bernareggi, presidente Legacoop Lombardia e infine l'ospite più atteso: Aldo Tortorella, responsabile culturale nella segreteria del PCI di Berlinguer.

E' un Tortorella acuto e fresco nonostante l'età non sia più verde: il suo intervento è un magnifico esempio di oratoria politica.

Ammette subito, senza troppi giri di parole, che il "suo" mondo ormai non esiste più, e così anche quello di Enrico Berlinguer, e si pone la domanda: "Allora perché ci ricordiamo di lui?". Che cos'aveva quel sardo nato nel lontanissimo 1922 che non fu mai presidente del Consiglio né ebbe, tanto meno, importanti ruoli ministeriali per poter essere ricordato ancora a trent'anni dalla morte ?

La risposta a questa domanda sta proprio nell'incredibile attualità dei suoi "pensieri lunghi": il significato della parola compromesso, la proposta sull'austerità e la questione morale.

Inizia un lungo monologo di un'ora nel quale si comincia con l'analizzare l'importanza del compromesso, definito come "fondamentale per la democrazia".

L'idea di "compromesso storico" nasce in seguito ai fatti del Cile del 1973, dove il governo , democraticamente eletto, del marxista Salvador Allende, viene destituito dal colpo di Stato di Augusto Pinochet.

Tortorella spiega come questi fatti portarono Berlinguer a credere che in Italia non ci sarebbe mai dovuto essere un governo di soli comunisti, perfino se il PCI avesse preso il 51%, perché questo avrebbe portato a gravissime conseguenze in ambito economico e geopolitico.

L'allora segretario del PCI scrive tre articoli rispettivamente su; Rapporti interni, Rapporti di classe e su come ogni classe sociale abbia un partito di riferimento: sono le basi del compromesso storico.

Un compromesso che venne infranto dalla BR con l'assassinio di Aldo Moro.

L'ex membro della segreteria del PCI va avanti e spiega che la forza del pensiero berlingueriano risiede nell'esistenza di una linea politica concreta e forte verso la quale remare tutto insieme, perché esisteva la consapevolezza che la forza innovatrice di quel compromesso avrebbe cambiato, veramente, l'Italia.

 Si inizia a parlare del secondo pensiero lungo di Berlinguer quello sull'austerità espresso in occasione del convegno degli intellettuali, un concetto di austerità completamente nuovo e tremendamente attuale.

L'austerità non era più uno strumento per ristabilire i vecchi meccanismi economico-sociali e l'egemonia della classi dominanti ma diventava "strumento di lotta moderna" per superare un sistema in gravissima crisi strutturale .

Berlinguer voleva che il PCI e la classe operaia facessero dell'austerità uno dei nuovi cavalli di battaglia del partito, ora che l'idea rivoluzionaria, o meglio, "la spinta propulsiva della rivoluzione d'Ottobre" era andata esaurendosi, e il marxismo-leninismo era visto sotto una luce nuova e non più come una dottrina dogmatica.

Questa visione considerata troppo riformatrice gli portò non pochi problemi perfino all'interno del suo stesso partito.

L'ultima lunga riflessione è quella sulla questione morale, cioè sull’accusa lanciata ai partiti di non fare più politica, dell'essere degenerati in strutture di mero accumulo di potere e di essere la causa dei mali stessi dell'Italia.

Tortorella spiga come con Berlinguer si volesse controbattere la totale separazione fra etica e politica che la modernità dopo Machiavelli ha pericolosamente assunto come "normale".

Tra una riflessione e l'altra Tortorella parla anche di attualità: parla dell'Italia, guarda lo sconfortante dato della disoccupazione giovanile al 44% e afferma che si è compiuta la profezia di Marx, ovvero che se la società non avesse assunto una piega socialista, ci sarebbe stata la comune rovina delle classi in lotta.

Accusa coloro i quali dicono di vivere in un'epoca priva di ideologie di mentire, in quanto si è giunti al trionfo dell'unica ideologia presente, a tutt'oggi, nel XXI secolo: l'ideologia liberal-capitalista.

"Per noi comunisti la passione non è finita", parole pronunciate in un’estate del 1981, a pronunciarle Enrico Berlinguer intervistato da Eugenio Scalfari.

Guardando Tortorella sembrano state scritte ieri, quasi come se l'allora segretario del PCI non fosse mai morto, il muro non fosse mai caduto e l'Unione Sovietica ci fosse ancora, lì ad Est ; non perché fosse un nostalgico dei tempi che furono, ma perché in lui mi è sembrato di vedere una passione "diversa", per usare un termine caro a Berlinguer, da quella di tutti i politici ascoltati nella mia vita.

Una passione vera che ha partorito un uomo con una visone della politica differente da quella di molti politici attuali: una politica fatta perché si crede nell'esistenza di qualcosa di più, di qualcosa per il quale valga la pena di lottare e non fatta, invece, per accumulare cariche prestigiose o foto nelle questure.

 

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