Alla notizia dell’uscita di un gruppo di dem dal PD guidati da Matteo Renzi si è scatenato, come è normale, il finimondo.In tantissimi hanno voluto dire la loro: “io resto” “io vado” “ha fatto bene” “ha fatto male” ecc.
Provo a mettere insieme due idee anche io.È sempre triste quando qualcuno sceglie un’altra strada.
Lo è soprattutto quando chi va via ha caratterizzato così fortemente una stagione del Partito Democratico.
La scelta di una parte dei renziani di abbandonare quella che per moltissimi anni è stata anche casa loro è fonte di dispiacere.
Non lancerò uno j’accuse a Renzi, ma non posso trattenermi dal giudicare questa decisione una grandissima idiozia.
O sta facendo un grandissimo errore oppure è in mala fede.
Solo il tempo ci saprà dire se sia o meno la scelta migliore, se due partiti posso prendere più voti che un partito unico, se il progetto unitario è ancora vivo oppure no.
Questa fase mi sembra sia parecchio fluida sotto tanti punti di vista.
Però al netto di questa appassionante soap opera ed elenco di chi va e chi resta, mi permetto di ricordare che abbiamo un Paese da governare e dei cittadini con cui parlare, rimettendo al centro dell’agenda politica l’ambiente, lo sviluppo economico, il lavoro, le politiche sociali, l’istruzione e la cultura.
A chi ci saluta dico Utreya! Come si usa sul Cammino di Santiago.
Utreya cioè andiamo avanti, anche insieme: sono convinto ci saranno molte battaglie che combatteremo ancora dalla stessa parte della barricata.
A chi rimane dico abbiamo molto lavoro ancora da fare.
Noi siamo quelli che restano.
“Siamo quelli che restano in piedi e barcollano su tacchi che ballano
E gli occhiali li perdono e sulle autostrade
Così belle le vite che sfrecciano
E vai e vai che presto i giorni si allungano e avremo sogni come fari
Avremo gli occhi vigili e attenti”
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