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arton7437

Torniamo sulla questione Carcere perché ci riguarda tutti (che lo vogliamo o no)!

 

Qualche settimana fa la stampa locale riferiva di una minaccia di un possibile stato di agitazione da parte degli agenti di custodia del Carcere di Monza.

Ciò a causa dell’aggravarsi dello stato di sovraffollamento della struttura arrivata ai primi giorni di giugno ad “ospitare” 809 detenuti a fronte di una capienza massima prevista in 600 persone.

Oltre al letto a castello si è giunti ad inserire nelle celle anche dei materassi per terra o delle brandine pieghevoli in spazi che a malapena consentono una situazione accettabile per due posti letto (sono spazi dove peraltro non si dorme soltanto ma si “passa” la giornata…). Il caldo di questi giorni (e prevedibilmente dei prossimi due mesi) rende tutto ciò disumano sia per i detenuti sia per chi lavora “per” loro.

Gli agenti di custodia sono scesi infatti al numero di 350, a fronte di un numero stimato come necessario di 450 guardie. Questi lavoratori sono sottoposti ad un superlavoro, in condizioni altrettanto critiche quanto quelle dei detenuti.

Tutto ciò a causa dei tagli dell’ultima Finanziaria che, insieme alle precedenti dal 2000 ad oggi, hanno ridotto i fondi per la manutenzione delle strutture e per il personale di quasi il 50%.

Di tutto questo l’Amministrazione Comunale si preoccupa? Sotto Natale si era fatto un gran parlare degli agenti di custodia, portando loro “in dono” dei buoni spesa (probabilmente per incentivare dei maggiori consumi…) da parte dell’Assessore Carugo che aveva anche fatto esporre un’interessante mostra sul carcere (non di Monza, però…): ma adesso? Può bastare una lettera al ministro Alfano che lo stesso assessore dichiara di aver inviato? Una città non ha proprio nient’altro da dire?

Siamo consapevoli che la soluzione del problema non sta nelle mani di questa Giunta (d’altro canto la stessa ritiene il carcere “nuovo” un albergo a cinque stelle in confronto al vecchio edificio di Via Mentana, come sussurrato dal sindaco alla sottoscritta), ma riteniamo che non si possa stare a guardare e non denunciare fortemente al Ministero competente il disagio provocato a lavoratori e detenuti, sostenendo anche pubblicamente le loro ragioni.

Si tratterà pure di un luogo di pena, ma gli uomini e le donne che lo “abitano” e vi lavorano hanno una dignità che deve rendere ragione del fatto che tutti li riconosciamo come persone, con diritti e doveri. Questo hanno scoperto i giovani che il 16 maggio hanno visitato il carcere della nostra città e che ci chiedono di non contribuire, anche come amministratori e politici, a rendere il lavoro di agente di custodia una pena in sé e le condizioni di vita dei detenuti un gratuito aggravamento di un’esperienza di solitudine, dolore ed espiazione già difficile di sopportare.

Non dimentichiamo inoltre che, alla pur gravissima condizione di detenuti ed agenti, si assomma l’impossibilità verificatasi nelle scorse settimane, di far svolgere regolarmente gli incontri dei detenuti con i loro famigliari e soprattutto con i loro bambini.

I padri e le madri saranno anche colpevoli di qualche reato, ma i bambini cosa c’entrano? Che colpe hanno?

 

Cherubina Bertola

15 giugno 2009

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