La_guerra_dentroBarbara Schiavulli è di certo un personaggio: affascinante questa giornalista free lance che ha presentato il suo libro " La Guerra Dentro" ( le emozioni dei soldati )" alla Procultura Monzese. Minuta di corporatura, con un viso dolce, capelli lunghi corvini raccolti in una coda, sembra anche più giovane della sua età, ma è già stata un po'dappertutto negli ultimi vent'anni, dove ci sono venti di guerra: Iraq, Afghanistan, Israele, Palestina, Yemen, Sudan. Ma è l'Afghanistan che le è rimasto nel cuore.

Ha modi gentili, ma quando la senti parlare, con una voce gradevole, lievemente nasale, ti comunica tutta l'energia che ha dentro e che le ha permesso di esserci, con una attività quasi frenetica, nei più importanti e pericolosi scenari di guerra,. Dice che non vuole essere giornalista da ufficio; "se non vedo non riesco a scrivere"

Ha già vinto molti premi giornalistici e, dopo aver raccontato le storie di chi i conflitti li subisce, soprattutto i civili, affronta ora, con questo suo libro, il mondo dei militari in missione.

La presenta Riccardo Nisoli, giornalista del Corriere, che la conosce bene e la definisce una simpatica rompiscatole che non cede a compromessi.

Nel suo libro racconta le esperienze di dieci personaggi, quasi tutti ufficiali, perché questi hanno il permesso di parlare, contrariamente ai soldati. Riesce a stabilire rapporti di amicizia che facilitano le confidenze, ma è sempre una giornalista, che può pubblicare le notizie che raccoglie. Notizie che vanno gestite con un minimo di riservatezza, perché possono provocare danni. Così si spiega la difficoltà che ha avuto con gli ufficiali dell'Aeronautica, reduci da una cattiva esperienza con un altro giornalista.

Non mancano però episodi divertenti, come quando a Herath, nella base italiana, una sera ha fatto tardi, e con una collega è tornata, nel buio dell'oscuramento, ai container-alloggio allineati.

Credendo di essere arrivata al suo, ha infilato la chiave nella toppa e la porta si è aperta. Pur nell'oscurità ha visto però che il tavolo non era dalla parte giusta, ed un'ombra è schizzata in piedi dal letto. Ha chiuso in fretta e, dopo qualche tentativo, ha trovato il suo container. Il mattino dopo ha informato il colonnello, ed ha scoperto di aver fatto sobbalzare dal letto un alto ufficiale. Con un pizzico di humor il colonnello ha raccomandato a tutti di lasciare aperti i container durante la notte.

Dato che è carina, ha anche subito attenzioni maschili non desiderate. Come un funzionario olandese che, nello Yemen, l'ha fatta oggetto di un vero e proprio stalking. Però era importante per le entrature che aveva in tutti gli ambienti locali, così i colleghi l'hanno pregata di non bruciare il contatto. Ma lei ha faticato molto a tenerlo a bada.

Far parlare questi uomini è scoprire le loro emozioni, i loro lati umani. Ti sconvolge come per es. gli artificieri trattano con naturalezza gli ordigni che devono disinnescare. Ma molto umano di come parlano della famiglia lontana. Discorrendo con un generale, confessava che quando torna a casa, ripiomba al grado di caporale, perché è la moglie che comanda

Sono legati da un forte cameratismo, e quando uno rimane ferito e ritorna in patria, soffre anche per dover lasciare i compagni. Questo è vissuto in modo quasi esasperato dai componenti le forze speciali ( delle quali, tra l'altro si parla pochissimo )

Molti, soprattutto a livello dei gradi più bassi, subiscono gravi stress. Nessuno, dopo una esperienza in missione, torna a casa come era prima. L'esperienza ti cambia dentro.

Meno gli italiani che sono più preparati, più professionalmente attrezzati.

Gli americani invece sono più fragili. Non a livello di ufficiali, ma di truppa. Si tratta di giovani, soprattutto del sud degli USA, che vengono in missione, poco preparati psicologicamente, magari per guadagnare i soldi per gli studi universitari, o per un moto di patriottismo dopo l'11 settembre.

E poi la loro ferma è più lunga. Un anno! In alcuni casi hanno subito anche trenta attacchi al giorno. Non solo andando in missione, ma anche restando in accampamento, colpiti da razzi. Si spiegano così i numerosi suicidi quando tornano in patria.

E' amaro dirlo, ma di queste situazioni si avvantaggia in positivo la medicina.

Anzitutto lo sviluppo estremo di nuove tecniche per riparare ai guasti delle esplosioni. Interventi di microchirurgia al limite dell'impossibile. Arti, volti, ustioni diffuse, vengono curati quasi con accanimento per non lasciare nulla di intentato. Di queste esperienze si avvale poi anche la sanità civile.

La tipologia delle ferite è completamente diversa dal Viet Nam. Là si trattava soprattutto di ferite al torace. Qui le più frequenti sono le esplosioni sotto gli automezzi, con ferite dal basso.

Sono state sperimentate mutande protettive, ma con risultati poco soddisfacenti.

Una delle prime domande che un soldato ferito fa al risveglio in ospedale è se ha ancora il membro virile. Molti soldati USA, prima di partire fanno congelare il loro sperma per questa paura.

Si è trovata spesso in situazioni di pericolo ed il presentatore le chiede come ha reagito: la risposta è che di solito ce se ne accorge dopo. Una volta è stato sventrato un ristorante dove aveva mangiato la sera prima. Un'altra volta ha assistito ad un episodio di guerra in Israele, dove è rimasto ucciso un bambino. Oppure, partita da Kabul, si è recata nella città molto pericolosa di Kandahar e rischiava di non poter più tornare indietro.

Minuta di statura, capelli scuri, si è fatta passare spesso per una di quei luoghi. Con un burka addosso praticamente indistinguibile. Ed ha sfruttato spesso questa opportunità.

Sentendola parlare, con una gradevole facilità di eloquio, ti viene da fare un confronto con Oriana Fallaci, date le esperienze simili, sia pure a distanza di tempo. Ma quanta più solarità in Barbara!

Viene anche un sentimento di rabbia per come vengono trattati personaggi così, che con tanto coraggio non ostentato, e molta amore per il loro lavoro, ci fanno vivere quelle realtà che altrimenti non conosceremmo umanamente così da vicino. Invece i giornali italiani li trattano, con poca considerazione e li sfruttano economicamente. Gli articoli vengono pagati a posteriori, e questi free lance partono usando il loro proprio denaro.

Un'altro esempio di come nel nostro paese vengano sfruttati i giovani, mortificando esperienze e professionalità.

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