occupazione_brianzaLa ripresa autunnale per migliaia di lavoratori di Monza e Brianza si presenta drammatica: numeri e situazioni parlano chiaro.

17 i licenziati al giorno, 500 al mese, 2200 lavoratori a casa senza indennità e 1200 in mobilità 4000 mila i lavoratori in cassa integrazione, 2000 i cosiddetti “esodati” non riconosciuti dal Governo Monti.

L’elenco brianteo delle aziende coinvolte in questi processi è lungo e noto: l’Alcatel, la Linkra telecomunicazioni, la Carrier, la Candy, il Gruppo Sassoli e perfino il Consorzio delle Cooperative Sociali che opera sul fronte della marginalità e dell’educazione.

Il Sindacato, per quanto gli è possibile è “sul fronte”:per bloccare procedure, contrattare condizioni e cercare di “ridurre il danno” per migliaia di lavoratori, che oltre che a pagare gli effetti economici della crisi, si trovano dalla mattina alla sera senza una prospettiva per loro e le loro famiglie.

Se facciamo qualche conto, al di là del risalto dei media nazionale, anche in Brianza abbiamo numeri da Alcoa, nel silenzio assordante dell’opinione pubblica brianzola.

Se però giriamo la pagina e leggiamo anche altri dati, quelli che riguardano le nuove imprese e le nuove assunzioni, abbiamo un quadro diverso e contraddittorio.

Il saldo tra aziende nate e morte nell’ultimo trimestre in Brianza è in attivo di 446 unità aziendali (1245 iscrizioni contro 799 cessazion), aumentano le imprese artigiane di200 unità.

Sta cambiando e di molto la tipologia delle assunzioni e delle forme di contratto: aumentano gli apprendistati, si confermano alti i contratti a progetto e di “somministrazione” e con i 7.836 assunti a tempo determinato, si superano quelli a tempo indeterminato: 6500.

In conclusione siamo di fronte ad una oggettiva situazione di grande flessibilità, non solo dei lavoratori ma del lavoro e delle aziende, cambia il mercato del lavoro e del contratti.

Una situazione che, al di là dei numeri, rischia di far diventare flessibilità in entrata e in uscita: precarietà imprenditoriale e lavorativa.

Appare quindi indispensabile che a livello governativo si continui a mettere mano  alla modifica delle forme contrattuali per evitare precarietà, nell’individuare forme di ammortizzatori sociali che accompagnino queste trasformazioni e flessibilità, presenti anche nel nostro territorio.

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