carcere1Attualmente la Casa circondariale di via Sanquirico ospita 740 reclusi, dei quali circa la metà stranieri. Come per la maggior parte dei carceri italiani soffre una situazione di sovraffollamento, aggravato dal fatto che ben 57 celle sono inagibili, per infiltrazioni d’acqua.

 

Problema quest’ultimo sorto a seguito del nubifragio dell’agosto 2011, i cui danni sono lungi dall’essere riparati completamente: ripristinati prioritariamente locali e funzioni essenziali per il funzionamento del carcere, rimangono infatti in sospeso lavori indispensabili per assicurare un minimo di confort a reclusi e personale, come l’acqua calda e il riscaldamento, così necessari in questa stagione; purtroppo le ristrettezze alla spesa pubblica imposte dalle condizioni del Paese rallentano la concessione dei necessari finanziamenti.

In questo contesto un certo sollievo potrebbe venire dal recente decreto “svuota carceri” del Ministro Severino, che prevede, ricordo, che gli ultimi 18 mesi di detenzione siano scontati nel proprio domicilio. E in effetti, secondo la direzione del carcere, un detenuto su 7 potrebbe teoricamente fruirne. Ma, considerando che i condannati per reati gravi sono esclusi dal provvedimento, che comunque per ciascun caso ci vuole il parere favorevole del giudice di sorveglianza e inoltre deve esistere un adatto domicilio dove scontare l’ultimo periodo di pena, il numero degli “usufruttuari” sarà molto minore.

Tra tutto, pochissimi tra i detenuti stranieri hanno un domicilio da indicare allo scopo. Così il decreto, almeno per Monza, è destinato ad essere un debole palliativo.

Per alleviare il disagio del carcere può fare di più, paradossalmente, il Comune, che con le associazioni di volontariato  meritoriamente, sostiene progetti di istruzione e di lavoro.

La scuola e l’inserimento in attività amministrative o di supporto di funzioni culturali costituiscono opportunità di evasione dalla dura realtà carceraria e di facilitazione per il reintegro nella società. Al sostegno del Comune si aggiungono iniziative di enti e aziende private che impiegano un’ottantina di detenuti (uomini e donne) in servizi interni (per lo più mense).

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